Terra e Fuoco

Economia di sussistenza e organizzazione sociale nella Sardegna preistorica e protostorica (2001-2003)

L’indagine ha riguardato l’analisi dei mezzi e rapporti di produzione economica sociale nell’ambito della attività di sussistenza e, più in particolare, di tutta una serie di mansioni richiamate dall’utilizzo della terra ai fini dell’allevamento, dell’agricoltura e del pastoralismo da un lato, e da tutte quelle occupazioni domestiche, simboleggiate in modo pregnante dal fuoco, intimamente connesse o derivate dalla prima nel secondo caso. Si tratta evidentemente di un’analisi svolta inizialmente in via preliminare, che ha consentito di individuare spunti e stimoli per la ricostruzione del quadro sociale antico.
L’archeologia basa tradizionalmente le proprie ricerche sull’analisi e interpretazione delle tracce materiali lasciate dall’uomo, consistenti nel variegato complesso di informazioni fornite dalle fonti primarie, quali le indagini di scavo, le ricognizioni di superficie e via dicendo. Le caratteristiche stesse di non deperibilità, elevata visibilità e ricorrenza statistica della documentazione prodotta e conservatasi nei millenni, hanno fatto sì che la ricerca abbia seguito orientamenti e filoni di studio fondati in massima parte sulla classificazione formale dei dati individuati, sfocianti nell’elaborazione di tipologie e nell’applicazione di criteri di ordinamento empirico e/o statistico.
In particolare, per le età più antiche, dove si constata l’assenza di testimonianze scritte valide a descrivere e spiegare l’evoluzione sociale intervenuta nei millenni di storia, è stato maggiore il ruolo esercitato dal rilevamento degli attributi formali, in tutti i piani di lavoro. La cronologia e la tipologia sono divenute giustamente il pilastro portante della indagine archeologica tout court, perché è soprattutto a questi due principali strumenti di lavoro che spetta fare ordine nel coacervo di dati grezzi scaturiti dalle prime fasi operative del lavoro di indagine. Il primato metodologico conferito ad impostazioni tassonomiche ha tuttavia inciso pesantemente sul riconoscimento scientifico di proposte di analisi di tipo funzionale e socio antropologico.
Da questi molteplici punti di vista un qualunque manufatto vale non soltanto in quanto testimonianza di un dato formale ma anche in qualità di traccia di azioni legate al gusto individuale, agli ambiti di appartenenza di tali attività, e di organizzazione sociale delle comunità. Le caratteristiche oggettive e singole del record rappresentano infatti un indizio dell’esistenza di ambiti lavorativi autonomi, di funzioni sociali non sempre omologabili a modelli di comportamento astratti ma piuttosto a processi di auto identificazione culturale legati alla variabilità dell’esistenza. In questo senso, un manufatto ceramico andrebbe studiato non soltanto sulla base delle caratteristiche formali essenziali, ma anche allo scopo di individuare delle ricorrenze legate alla funzionalità del pezzo, all’impiego/i che di esso poteva essere fatto nel passato.
La peculiare ripartizione degli spazi abitativi all’interno di singoli moduli o degli insediamenti, la particolare composizione del deposito stratigrafico – specie in presenza di dati riferibili alla quotidiana gestualità della vita domestica nell’accensione di fuochi o nel trarre sostentamento dalla terra – restituiscono, se inquadrate in un contesto di analisi specifico, illuminanti insiemi di informazioni sui modi di vita durante la preistoria.

2001. Il Neolitico
La ricerca, riservata nel 2001 allo specifico complessivo ambito del Neolitico sardo, ha riguardato inizialmente l’intero quadro delle testimonianze di uso abitativo e/o civile, al fine di operare il vaglio sistematico delle stesse. Attraverso questo primo screening dei dati si è poi passati alla loro classificazione e inquadramento, di tipo territoriale e d’uso. Nelle intenzioni del Progetto l’individuazione e studio di diversi ambiti territoriali, in alcuni casi cronologicamente comparabili, serviva a meglio focalizzare il valore dei singoli complessi archeologici sotto il profilo economico e paleo ambientale, al fine ultimo di rilevare eventuali ricorrenze o discordanze all’interno del quadro comparativo ottenuto.
In «Cronache di Archeologia» n. 2 si sono offerte le preliminari risultanze dell’analisi condotta, ottenute mediante l’applicazione di un modello d’indagine geografico-ambientale a tre distinte regioni della Sardegna. Il volume («Terra e Fuoco. Economia di sussistenza e organizzazione sociale nella Sardegna preistorica e protostorica: il Neolitico», a cura di Simonetta Castia), contiene i contributi di Lavinia Foddai e Donatella Onesti, che hanno collaborato attivamente alla conduzione del lavoro. I due saggi riguardano rispettivamente i casi-studio di alcuni aggregati abitativi preistorici – di rilevante importanza e significatività nel panorama dell’archeologia insulare – siti nei due comprensori di Lanaittu e Bonu Ighinu, e nel Campidano Occidentale e Orientale.

2002. L’Eneolitico. Il caso-studio di Monte d’Accoddi (SS)
Nel volume N° 3 di Cronache di archeologia, figura l’edizione di parte dei risultati della seconda annualità del progetto [S. Castia, D. Onesti, «Terra e fuoco. Economia di sussistenza e organizzazione sociale nella Sardegna preistorica e protostorica: l’eneolitico. Il caso-studio di Monte d’Accoddi (SS)»]. L’interesse è stato rivolto verso una tematica specifica: il tentativo di calcolo della forza-lavoro richiesta per la costruzione dello straordinario Santuario eneolitico di Monte d’Accoddi al fine di ricavare risultanze e indicazioni utili per la ricostruzione dell’economia del tempo; in ovvia connessione con le problematiche legate alla rilevante unicità dell’edificio megalitico del Prenuragico sardo, come alla discussa collocazione cronologica delle due fasi costruttive.
È sembrato importante stabilire, infatti, se all’edificazione di un monumento di forte valenza simbolica e ostentatoria, qual è Monte d’Accoddi, dovesse necessariamente corrispondere una comunità di base socialmente articolata. All’interno del testo si giunge di fatto a stimare il quantitativo in ore-lavoro e la valutazione delle risorse, umane e territoriali, disponibili e/o necessarie allo scopo. I risultati dello studio, integrati dall’indagine sul contesto paleo ambientale, supportati da precisi riferimenti sulla composizione geo-litologica del materiale, oltre che dalle poche certe indicazioni sulle caratteristiche del villaggio e della produzione materiale rinvenuta, tende a comporre un quadro relativo ad un gruppo sociale di tipo non complesso.

2003. Il Nuragico
Sono state realizzate due distinte applicazioni di studio focalizzate su altrettanti contesti o distretti territoriali dell’isola.
Un primo approccio d’indagine di tipo prevalentemente geografico-ambientale [S. Castia, Territorio e società in età nuragica: il sistema insediativo dell’Alta e Bassa Gallura], ha interessato il vasto e peculiare orizzonte territoriale della Gallura, avendo come riferimento primario l’area gravitante attorno alla piana di Arzachena e le ecozone (o insiemi ambientali), a forte significativo interesse archeologico, del bacino del Liscia (Arzachena e S. Antonio di Gallura) e del promontorio di S. Teresa d Gallura. L’aver considerato un areale di così vaste dimensioni ha consentito di effettuare più agevolmente una comparazione delle risultanze ottenute, allo scopo di meglio individuare e caratterizzare, per il periodo dell’età del Bronzo in Sardegna, il sistema insediativo di base e la sua evoluzione nei secoli; ciò al fine ultimo, come già ricordato, di comprendere il grado di complessità delle attività di sussistenza e, quindi, dell’organizzazione sociale intimamente connessa.
Il secondo contributo, di Franco Campus e Valentina Leonelli, ha preso in esame, secondo una metodica rimasta finora inapplicata nell’isola, lo studio dell’organizzazione spaziale attraverso la distribuzione del corredo ceramico di una unità abitativa del villaggio presso il nuraghe Adoni di Villanovatulo [La capanna 5 del villaggio presso il nuraghe Adoni di Villanovatulo (Nu): studio dell’organizzazione spaziale attraverso la distribuzione del corredo ceramico e ipotesi sulla funzione dei recipienti]. Alla luce di un’attenta ponderata analisi dei dati riferibili a una fase iniziale del Bronzo finale, esaminati attraverso la correlazione delle modalità di rottura dei reperti e la loro presunta posizione originaria prima della rottura, si è giunti a formulare una ipotesi concernente la funzione dei vasi e quella dei vari ambienti che componevano la capanna in oggetto, secondo una interpretazione valida per quel contesto, e in prospettiva, con altre realtà contemporanee eventualmente confrontabili. Segue in chiusura l’interessante appendice di L. Piras e D. Melis [«Appendice: relazione tecnica sul restauro dei materiali della capanna 5»], illustrante le fasi del restauro certosino dei frammenti ceramici seguito al recupero durante le operazioni di scavo.