Iolao

Il personaggio

Iolao era figlio di Ificle, fratello di Eracle; di quest’ultimo – nipote fedele ed inseparabile compagno finanche nell’esilio imposto all’eroe da Euristeo – condivise fatiche e pericoli come auriga o reggitore di scudo. Vinse la gara delle quadrighe ai primi giochi olimpici e ai giochi funebri in onore di Pelia. Sposò Megara, la moglie di Eracle, dopo che questi l’ebbe ripudiata


Le fonti iconografiche

Le fonti iconografiche sulla rappresentazione del mito di Iolao, che appare sempre associato ad Eracle, sono numerosissime nella pittura vascolare. Finora purtroppo nessuno di tali rinvenimenti ceramici proviene da contesti sardi. Per la scultura l’eroe è stato individuato su una metopa del thesauròs dei Sifni di Delfi e sul frontone in poros dall’Acropoli di Atene, in entrambi i casi con scene pertinenti alla raffigurazione della lotta fra Eracle e l’Idra di Lerna.

 


L’arrivo di Iolao in Sardegna

Diodoro Siculo (IV 29, 4-30, 3; V 15, 1-6) narra che Iolao giunse in Sardegna a capo di una schiera di Tespiadi – 40 o 41 dei 50 nati dall’unione di Eracle con le 50 figlie di Tespio, re di Tespie in Beozia – ed Ateniesi; ci informa inoltre che l’invio di una colonia greca nell’isola avvenne in seguito ad una richiesta oracolare di Apollo rivolta ad Eracle il quale, ormai giunto al termine della propria esistenza, designò suo nipote Iolao quale guida della spedizione. Questi, dopo aver sconfitto le popolazioni indigene, spartì fra i membri della spedizione la zona più fertile dell’isola chiamata Iolaeion – forse identificabile con l’ubertosa piana del Campidano – e ne ordinò la coltivazione ad alberi da frutto. Fondò città, istituì tribunali, fece costruire edifici pubblici e di culto e quanto altro necessario per il vivere civile e felice. Chiamò Dedalo, profugo da Creta rifugiatosi in Sicilia, che avrebbe lasciato la propria impronta architettonica nelle opere “dedalee” nelle quali è facile cogliere un esplicito riferimento ai nuraghi ed il tentativo di spiegare l’origine di tali monumenti. In onore di Iolao gli abitanti vennero chiamati Iolei, verosimilmente gli stessi Iliensi di età storica ricordati dagli autori classici fra i celeberrimi populi Sardiniae e noti, secondo Strabone (V, 2, 7), anche con il nome di Diagesbei. I Tespiadi lo onorarono inoltre decretandogli solenni sacrifici e riservandogli l’appellativo di “padre”. Giunto in età avanzata e portata a termine la spedizione, Iolao fece ritorno in Grecia passando per la Sicilia dove alcuni dei suoi compagni decisero di restare unendosi ai Sicani. I Tespiadi conservarono il dominio della Sardegna per molto ancora e quando infine ne furono cacciati si stabilirono nella regione campana intorno a Cuma. Tuttavia alcuni elementi greci, da tempo commisti alle genti autoctone delle quali ormai condividevano i barbari costumi, rimasero per sempre nell’isola, preservando quella libertà che Apollo aveva loro garantito in origine e vanificando così gli iterati tentativi di sottomissione da parte dei dominatori cartaginesi prima e di quelli romani in seguito.

Questo dunque, seppur in sintesi, è il racconto di Diodoro sull’arrivo di Iolao che è tuttavia copiosamente riferito da altri autori, primo fra tutti da Pausania (VII, 2, 2; IX, 23, 1; X, 17, 5), il quale specifica come quella iolea rappresenti la più antica spedizione di coloni partiti dalla Grecia alla volta dell’isola. Il testo del periegeta fornisce ulteriori elementi: all’eroe e ai Tespiesi viene attribuita espressamente la fondazione di Olbia mentre agli Ateniesi quella di Ogryle, forse Gurulis vetus, l’odierna Padria. Vi si afferma inoltre che, sebbene anche a Tebe – città natale di Iolao – se ne mostrasse il sepolcro, l’eroe e i partecipanti alla sua spedizione morirono e furono sepolti in Sardegna. A conferma di tale notizia Solino (I, 61; IV, 2) riferisce di un tempio innalzato sulla tomba di Iolao. Infine, contrariamente a quanto sostenuto da Diodoro e noncurante del divario cronologico esistente fra questi due personaggi, Pausania pone l’arrivo di Dedalo con Aristeo.

Altre due città sarde – Eraclea e Tespie – purtroppo mai individuate ma menzionate da Stefano di Bisanzio (Ethnica 303, 17; 310, 17-18) paiono, in virtù del toponimo, verosimilmente ricollegabili alla saga dei Tespiadi.


Analisi del racconto

Diverse sono le opinioni degli studiosi sull’intera vicenda ma sembrano tuttavia concordare sull’ormai acquisita identità fra Iolao – venerato come “padre” – e Sardo, meglio noto come Sardus Pater, quest’ultimo assimilato alla divinità del tempio di Antas, il fenicio-punico Sid, il cui epiteto “Babai” qualifica esplicitamente come dio fecondatore, datore di vita e dunque padre (GROTTANELLI). In virtù di un processo sincretistico parrebbe lecito pensare ad un’assimilazione e sovrapposizione fra queste figure, aventi evidentemente caratteri comuni, innestatesi su una preesistente divinità indigena che venne nel tempo – al fine di raccogliere il consensus delle popolazioni locali – interpretata in chiave greca, fenicio-punica e romana.

Il quesito fondamentale rimane tuttora legato ai tempi e ai modi dell’eventuale introduzione del culto di Iolao in Sardegna, culto che fra le varie pratiche rituali pare contemplasse anche quello dell’incubazione, ossia del sonno terapeutico per coloro che dormivano presso il tempio e le tombe degli eroi, monumenti nei quali, per ipotesi, si potrebbero forse riconoscere le tombe dei giganti o aree funerarie con valenza cultuale, quali quella di Monte Prama, nel Sinis di Cabras (MASTINO, BERNARDINI), famosa per la statuaria di grandi dimensioni, ascrivibile alla seconda metà del VII a.C., in piena età orientalizzante.

Al di là del racconto mitico, di per sé ricco di fascino, e delle possibili esegesi delle fonti riconducibili alle varie tradizioni letterarie, appare quanto mai necessario cercare di istituire il giusto rapporto fra realtà e leggenda e altresì comprendere se il racconto sull’arrivo di genti elleniche guidate dall’eroe adombri un nucleo di verità storica e dunque il tentativo o l’avvenuta colonizzazione dell’isola.


Le posizioni degli studiosi

Due sono i principali orientamenti, il primo appare propenso a riconoscere nella colonizzazione dell’età eroica un fondo di verità, trasposto in mito, su reali contatti preistorici avvenuti fra i Micenei e la Sardegna nella seconda metà del II millennio a.C., preferibilmente nella tarda età del Bronzo. Il secondo considera invece la menzione di una fondazione attica già in epoca mitica, come frutto di una manipolazione tarda della tradizione mitografica in senso filoateniese, atta a creare precedenti storici alla politica espansionistica di Atene nel V a.C.

Nell’ambito del dibattito scientifico le posizioni degli studiosi oscillano – talvolta con sfumature di pensiero difficili da cogliere – fra chi vedrebbe nel mito e nel culto di Iolao l’eco di un lontanissimo arrivo di genti greche, scacciate in seguito dai Fenici e dagli indigeni, giunte in Sardegna molti secoli prima della grande colonizzazione dell’Occidente dell’VIII-VII a.C. (MELONI) e chi pare incline a ritenere la saga mitica non come reale testimonianza dell’arrivo dei Greci in un remoto momento preistorico ma come generica attestazione dei molteplici e mutui scambi commerciali e culturali, fra l’altro ben documentati dalle evidenze archeologiche, intercorsi fra l’isola e l’area egea nel corso dell’età del Bronzo (NICOSIA). Vi è chi considera il racconto sull’epopea di Iolao come il risultato di commistione e confusione fra elementi propri del mito ed avvenimenti reali, quali i contatti fra Sardi e Micenei nel Bronzo recente e la colonizzazione greca di età storica (MASTINO). Di altro parere sono gli studiosi volti ad individuare nel nucleo mitico di Iolao e dei Tespiadi – eroi di rilievo in ambito tebano-beotico – il segno di una “precolonizzazione” o comunque frequentazione della Sardegna da parte dei Greci dell’Eubea, in rotta sulla via dei metalli, già a partire dalla fine del IX a.C. , in epoca anteriore agli stanziamenti coloniali focesi (BREGLIA PULCI DORIA, BERNARDINI). Del tutto autonoma, infine, è la tesi di chi intravede, celato nelle rielaborazioni mitografiche degli autori greci, la presenza di un nucleo originario di tradizioni fenicie il cui rimaneggiamento in senso filoellenico indicherebbe, da un lato l’inesistenza di reali fondazioni coloniali greche nell’isola e dall’altro, un particolare interesse della città di Atene per la Sardegna, in un periodo posteriore alla sua conquista cartaginese. Alla luce di tali considerazioni Iolao stesso andrebbe considerato come l’interpretazione e la rivisitazione greca del fenicio-punico Sid, assimilato a sua volta ad una primordiale divinità indigena (BONDÌ).