Le fonti letterarie

Le fonti che vanno dal IV sec. a.C. al VI d.C. concordano nel restituire il profilo dell’isola a forma di piede umano (Ichnussa) o di sandalo (Sandaliotis): ciò denota già nei primi geografi greci una conoscenza più che buona del Mediterraneo e un notevole sviluppo della cartografia. Lo scoliaste al Timeo di Platone parla dell’ “isola dalle vene d’argento”, chiamata Sardegna in onore di Sardo, moglie di Tirreno.

Tutte le notizie relative alla Sardegna in età antica redatte da vari autori, sono spesso frammentarie e, a volte, discordanti fra loro. La descrizione più organica a noi pervenuta è quella di Pausania, geografo dell’età antonina, che espone un quadro abbastanza chiaro dei vari avvicendamenti di gruppi colonizzatori nell’isola.

Il resoconto del periegeta sistema e rielabora tutte le fonti precedenti a lui note. Nel capitolo X della Periegesi, dedicato alla Focide, Pausania apre un ampio excursus sulla Sardegna, parlando dei “barbari occidentali che abitano la Sardegna ed inviarono una statua” al loro dio eponimo nel santuario di Delfi. Descrive le ricchezze e la fertilità dell’isola, della quale però si ignora il nome antico e l’origine degli abitanti.

I primi colonizzatori furono i Libici, con a capo Sardo figlio di Maceride. Questi non scacciò le popolazioni locali, che a loro volta accettarono i Libici più per timore che per affinità. I due gruppi etnici vivevano in capanne, perchè incapaci di edificare città. Dopo i Libici giunsero i Beozi di Aristeo, figlio di Apollo e Cirene, salpato dalla Grecia per sfuggire al dolore causatogli dalla morte del figlio Atteone. Diodoro Siculo ci conferma la versione di Pausania e segue la tradizione di Aristeo che, su consiglio della madre Cirene, si fermò in Sardegna e insegnò agli indigeni le tecniche dell’agricoltura; qui ebbe due figli, Charmo e Callicarpo. Lasciata la Sardegna si recò in Sicilia. Secondo Pausania, anche  Aristeo non fondò città. Solino testimonia invece che Aristeo fu il fondatore di Caralis, secondo Pausania, fondata, invece, dai Punici.

Da fonte ignota il periegeta riferisce che Dedalo arrivò in Sardegna con Aristeo, ma lo stesso Pausania pone in dubbio questa notizia trovandola anacronistica. Dopo Aristeo arrivarono gli Iberici di Norace, figlio di Mercurio e Erizia, fondatore di Nora, la prima città dell’isola. Solino riferisce che gli Iberici provenivano da Tartesso.

Per Pausania il quarto gruppo ad arrivare fu quello dei Tespiesi e degli Ateniesi, condotti da Iolao, figlio di Ificle, nipote di Eracle ed eroe eponimo degli Iliensi. Pausania sottolinea il fatto che questo è il primo gruppo di coloni provenienti dalla Grecia. I Tespiesi fondarono Olbia e gli Ateniesi Ogryle, forse in memoria del loro sito continentale o in onore di un comandante della flotta di Iolao.

Al tempo di Pausania, vi erano ancora luoghi detti Iolaei e Iolao era celebrato come un dio (Solino parla di alia graeca oppida e del tempio edificato in onore di Iolao). Questa notizia è importante se confrontata con le affermazioni di Aristotele, Diodoro SiculoSolino e lo stesso Pausania: Iolao sarebbe morto in Sardegna e sul suo sepolcro sarebbe sorto un tempio dove si praticava il rito dell’incubazione per scacciare le visioni. Secondo Diodoro SiculoIolao “divise il territorio e chiamò dal suo nome quelle genti Iolaei; costruì ginnasi, templi in onore degli Dei e tutto quanto rende felice la vita degli uomini” (Diod. Sic. Bibl. Hist. V, 15) e fu Iolao, e non Aristeo, a chiamare il cretese Dedalo dalla Sicilia per far costruire le grandiose opere note come Dedalea, ancora conservate al tempo di Diodoro (I-sec. a.C.).

Infine Iolao, dopo aver abbellito e resa fertile la Sardegna, tornò a Tebe, dove si trova il suo sepolcro. Una parte dei Greci restò in Sardegna, imbarbarendosi. La rigogliosità delle pianure sarde attirò ben presto altri popoli, tra i quali i Cartaginesi. Questi, dopo varie battaglie, costrinsero gli Iolei a rifugiarsi sulle montagne e, sebbene questi ultimi rinunciassero alle ricchezze della pianura, non persero mai quella libertà concessa loro da Apollo. Secondo lo scoliasta a Dionigio Periegeta altri popoli greci fondarono colonie in Sardegna: Cadmei, Etoli e Locresi (questi ultimi due noti anche a Eustazio). L’ultima fase, riferita da Pausania, nella storia delle migrazioni orientali verso la Sardegna, avviene in seguito alla caduta di Troia: una parte dei fuggiaschi, guidati da Ulisse, a causa di una tempesta fu trasportata dai venti sulle coste sarde; i Troiani si mescolarono con i Greci presenti nell’isola e i due gruppi unirono le loro forze contro gli indigeni, in una sorta di tregua armata.

Il territorio occupato dalle due fazioni era diviso dal fiume Torso, che nessuno osava guadare. Molto tempo dopo questi fatti, i Libici si portarono nuovamente sulle coste sarde, ma questa volta in forza e agguerriti. I Greci vennero annientati, mentre i Troiani si rifugiarono nelle montagne. Pausania testimonia che “ancora ai miei tempi conservano il nome di Iliesi, per quanto somiglino agli Africani nell’aspetto, nell’armatura ed in ogni loro costume di vita” (Paus. Perieg., Phocis X, 17,4). Silio Italico parla di esuli troiani in Sardegna, ma li pone dopo Sardo e prima di Iolao e Aristeo (S. Italico, Punica bella XII, 360-369).


MASTINO – L’alternanza nell’ordine cronologico dei passaggi in Sardegna degli eroi colonizzatori, ben analizzata dal Mastino, dimostra una certa autonomia nelle diverse versioni del mito e dagli stessi miti ufficiali.

L’elaborazione mitografica sulla colonizzazione sarda copre un periodo che va dal I sec. a.C. con Diodoro Siculo, Sallustio e Strabone, al I sec. d.C. con Silio Italico e al II sec. d.C. con lo Pseudo-Aristotele e, soprattutto, Pausania.


PAIS – Da quanto detto si possono individuare alcune linee-guida all’interno delle fonti. Il Pais fa discendere da Timeo di Tauromenio (IV – III sec. a.C.) le notizie dello Pseudo-Aristotele (che scrive quando la Sardegna è in pieno dominio punico ed egli, rappresentante di un ambiente anticartaginese, sottolinea l’aspetto negativo degli invasori) e di Diodoro Siculo. L’opera di Strabone risulta sganciata da quella timaica.


BREGLIA PULCI DORIA – La Breglia Pulci Doria, riconoscendo due linee ben distinte nelle fonti, inquadra i contatti greci con la Sardegna in ambito euboico, contatti ricercati dagli stessi anche per individuare nuove aree metallifere.


NICOSIA – Il Nicosia individua, oltre a quella del Pais, una tradizione greco-orientale e una attica: nella prima la Sardegna appare, dalla mitografia, come un’isola felice – dotata di una natura meravigliosa, ricca e fertile, dove non esistono animali feroci o erbe pericolose, tranne una che “fa morire ridendo” (attraverso Erodoto conosciamo le proposte di colonizzazione della Sardegna da parte di Biante di Priene e Aristagora, bocciate dal giudizio del logografo Ecateo, che non si limita ad esporre, come Erodoto, le bellezze dell’isola, ma pone in guardia i suoi concittadini dal clima malsano e dalle zone impervie della stessa e dall’arretratezza degli indigeni); nella seconda vi è la tendenza all’uso distorto della tradizione, in cui l’elemento più palese di una manipolazione delle fonti con un intento autocelebrativo da parte ateniese è da ricercare nel passo di Pausania, nel quale i compagni di Iolao non sono più i Tespiadi figli di Eracle ma “un esercito di Tespiesi e di genti dell’Attica” (Paus., X, 17,4).


BONDÌ – Tali rielaborazioni si spiegherebbero in un contesto di interscambio e collaborazione fra Atene e Cartagine, come propone il Bondì. Secondo quest’ultimo, Diodoro e Pausania, si rifarebbero, per vie diverse, ad una fonte antichissima precedente Timeo e i mitografi greci, in antitesi con quelli punici, avrebbero fatto propri e travisato i miti anellenici per riportare in ambito greco la conquista dell’occidente. Il Bondì individua così due nuclei mitici: uno, più antico con SardoNorace derivanti da leggende fenicie; l’altro con Iolao, Dedalo e gli Eraclidi derivanti da una mitografia greca più recente (V sec. a.C.) avente lo scopo di riprendere, vanamente, l’idea della colonizzazione greca della Sardegna, interrotta dopo la battaglia di Alalia.